mercoledì 17 settembre 2014

A POZZALLO I MINORI NON ACCOMPAGNATI TRASFERITI NEL CPSA DEL PORTO

“Questa volta definitivamente non torneremo qui”, dice M. indicando le porte chiuse della ex canonica in Piazza S. Pietro, dove un gruppo di minori migranti, prevalentemente sub-sahariani, è stato alloggiato in questi mesi estivi. Un soggiorno caratterizzato da continui avvisi e tentativi di spostamento, proteste pacifiche da parte dei ragazzi e riapertura straordinaria del centro, che aveva stipulato un accordo con il Comune di Pozzallo fino alla fine di agosto. Arrivo alla piazza nelle primissime ore del pomeriggio di lunedì 15 settembre: i ragazzi mi dicono che verso le 10 del mattino il centro è stato chiuso e i loro bagagli caricati sul pullmino dagli operatori per essere trasportati al CPSA del porto, in merito al quale non si contano le dichiarazioni discordanti di questi ultimi giorni. 


Secondo quanto apprendiamo dalla stampa e da diversi giornalisti intenzionati a visitare il CPSA, il centro risulta infatti alternativamente “chiuso e vuoto”, “chiuso e sospese le sue attivita’”, ma camminando lungo i suoi cancelli esterni già da una settimana si vedono gruppi di ragazzi seduti nel cortile interno del CPSA, e ben altre sono le dichiarazioni avute da alcuni interlocutori in merito. Ciò che è sicuro è che la convenzione stipulata tra il Comune di Pozzallo e la Prefettura di Ragusa in merito al CPSA è scaduta il 31 agosto. Da allora nessuno dei migranti sbarcati al porto ibleo, diverse centinaia solo negli ultimi giorni, è stato portato al CPSA, ma dirottato immediatamente a Comiso o, in alcuni casi, presso le strutture del siracusano. Parlando con operatori di Save The Children, con alcuni operatori della cooperativa che lavorano con i migranti e con i ragazzi stessi della canonica, ho però la conferma del fatto che i migranti minori di origine egiziana, una quarantina circa, alloggiati prima presso il Palazzetto dello sport di Pozzallo, sono stati trasferiti da quasi due settimane presso il CPSA del porto, dovendo lasciare libero il palazzetto per le attività sportive della città. La gravità della situazione, motivata  dalla solita ed ingiustificabile logica “emergenziale”, si fa ancora più pesante, con la proposta di trasferimento al CPSA anche dei minori presenti nell’ex canonica. Per legge i minori non accompagnati  devono essere al più presto trasferiti nelle strutture idonee, che siano le comunità per minori o gli SPRAR per i minori richiedenti asilo; ma da mesi registriamo in tutta la Sicilia una situazione disastrosa per quanto riguarda l’accoglienza dei minori. 
A Pozzallo, i minori sub-sahariani rifiutano intanto il trasferimento al porto e rimangono nella piazzetta antistante l’ex canonica, dove hanno ricevuto la visita di un operatore di Save the Children e ora sono presenti con due auto solo polizia e carabinieri. Fa molto caldo, parliamo all’ombra dei pochi alberi muniti unicamente di grosse bottiglie d’acqua “oggi non abbiamo avuto il pranzo”, mi dice B. “questa volta non abbiamo più nemmeno i nostri bagagli, ma insieme abbiamo deciso di rimanere qui finchè non ci spostano in un centro adatto a noi”. Anche in questa occasione i ragazzi hanno scritto una lettera aperta alle istituzioni e alla popolazione, in cui ribadiscono il loro desiderio di essere trasferiti in un centro per minori, poter essere iscritti ad una scuola e proseguire con la loro richiesta di protezione internazionale. “Questa volta appena ci hanno detto che ci spostavano mi sono infilato due copie della lettera in tasca, così siamo sicuri di averne almeno una. Per noi questo è un documento importante, anche se in questi mesi tante volte abbiamo chiesto e scritto delle cose ma in pochi hanno avuto tempo per noi. Non parlo solo delle richieste di vestiti e cibo, ma anche di quando vorremmo sapere qualcosa di più su dove andremo a finire, e l’unica cosa che ci rispondono è che dobbiamo aspettare. Tutti stanno facendo il possibile, in Sicilia non c’è posto, ma allora perché alcuni sono stati mandati a Torino mesi fa?”mi chiede M. scuotendo la testa. Intanto il tempo scorre, nel cimitero di Pozzallo tra poco ci sara’ la cerimonia funebre per i 18 migranti arrivati cadaveri il 23 agosto scorso. “L’ho saputo anche io stamattina da un giornalista” si introduce C. “prima quando ho pregato ho pensato a loro, perché comunque poteva succedere anche a me. E anche se arriviamo in momenti e modi diversi è come se fossimo sempre tutti sulla stessa barca”. Sono infatti tutti uniti e concordi infatti anche molte ore dopo, quando è passata la mezzanotte e mi dicono che resteranno a dormire nella piazza, ormai completamente soli visto che non ci sono più nemmeno le forze dell’ordine nei dintorni. Li ritrovo la mattina dopo, sdraiati sulle panchine o per terra in piccoli gruppi. “Stanotte abbiamo avuto molto freddo, non avevamo coperte”. Rifiutando il trasferimento non hanno avuto cibo né la possibilità di lavarsi, e sono visibilmente distrutti dalla stanchezza. Poche ore dopo decidono di comune accordo di accettare lo spostamento al CPSA del porto. “Ci vediamo comunque appena riusciamo ad uscire” dicono ad alcuni giornalisti in piazza. E li vediamo alcune ore dopo fuori dal CPSA, ritornando dal porto dove nel frattempo sono arrivati altri 270 migranti ieri alle 16, in un lungo sbarco durato fino a tarda serata, per via delle procedure di identificazione effettuate in banchina prima del trasferimento a Comiso. Dalla ex canonica i ragazzi sub-sahariani si ritrovano ora con gli altri minori egiziani all’interno dell’hangar. Possono uscire e domani ci dicono verranno in paese. Costretti in un CPSA ufficialmente chiuso e privo di convenzione, da un sistema dell’accoglienza completamente destrutturato, dove anche il lavoro di chi svolge con serietà il proprio mandato viene a scontrarsi con la burocrazia e la gestione emergenziale che sembra concedere deroghe ai diritti fondamentali, i ragazzi continuano determinati a cercare una vita dignitosa, consapevoli oggi ancora di più di quelli che sono come loro in questa situazione, persone con storie diverse ma ancora sulla stessa barca.
Lucia Borghi 
Borderline Sicilia Onlus